Germania, UK, Svizzera: le locomotive europee del vino italiano

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Introduzione ai mercati

Cresce senza strappi il terzetto di testa europeo, costituito da Germania, Regno Unito e Svizzera. Mercati in cui le cantine italiane fatturano annualmente più di 2 miliardi di euro, corrispondenti a circa un terzo dell’export vinicolo tricolore. 

Dai dati aggregati relativi al quinquennio 2017-2021, analizzati dall'Osservatorio UIV-Vinitaly, emerge per i tre paesi considerati un tasso di crescita medio annuo (Cagr) dell’1,1%, distante oltre 2 punti percentuali dal +3,4% riscontrato per l’intero valore dell’export di vini e spumanti italiani.

Osservando i dati quantitativi, che attribuiscono ai tre sbocchi commerciali un flusso fisico di circa 9 milioni di ettolitri l’anno (si tratta in questo caso di oltre il 40% del totale), emerge addirittura una controtendenza rispetto alla dinamica generale, con una flessione media annua dell’1,4% che si confronta con un Cagr del +0,5% complessivo.

Si consideri che il 32,2% del 2021 che i tre paesi rappresentano per quota-fatturato, superava il 36% nel 2017, con l’incidenza che ha subìto una continua erosione, ad eccezione del 2020.

Il mercato Uk esprime in assoluto le peggiori performance, con variazioni medie annue negative nel quinquennio dell’1,8% in valuta e del 3,1% a volume. Di contro, la Svizzera nel trio di testa è il mercato più dinamico, con Cagr positivi in entrambi i casi, del 2,9% per giro d’affari e dello 0,7% per movimentazioni reali. Cresce del 2,6% in media d’anno la Germania, ma la dinamica positiva riguarda solo gli incassi, mentre le movimentazioni quantitative cedono un frazionale 0,7% tra il 2017 e il 2021, sempre considerando la variazione media del periodo.

La Germania, con il 15,9% di quota-valore nel 2021, è il primo sbocco europeo, seguita dal Regno Unito al 10,4% e a parecchia distanza dalla Svizzera, la cui incidenza si attesta al 5,8% valutato sempre in rapporto all’export totale.

Oltre Manica, con le vendite di vini e spumanti, l’Italia realizza ad oggi un incasso inferiore a quello di cinque anni fa, in circostanze sicuramente meno favorevoli per gli effetti di Brexit. Il fenomeno non si riscontra né in Germania né tanto meno sul mercato elvetico, dove al contrario si osservano crescite progressive del fatturato, grazie anche alle maggiori opportunità offerte dalla vicinanza geografica e dalla possibilità di contenere i costi logistici e di trasporto, divenuti in questi ultimi due anni cruciali nel contesto dell’emergenza pandemica.    

Dai dati Istat emerge anche un considerevole divario tra prezzi medi unitari, con i prodotti esportati in Svizzera che superano da quattro anni la soglia dei 5 euro/litro, contro i 2,70 euro di media dei vini spediti oltre Manica e i 2 euro scarsi dei prodotti esportati in Germania.

Numeri che riflettono, in maniera piuttosto evidente, la diversa composizione qualitativa dell’export nei tre paesi, con un predominio schiacciante dei vini di pregio nel mix delle spedizioni dirette in Svizzera e una prevalenza di vini di fascia media in Regno Unito. Ancora più contenuto il valore unitario delle esportazioni in Germania, dove assumono un peso di un certo rilievo anche le vendite di vini sfusi.

La composizione per prodotti

Mentre Germania e Svizzera sono mercati piuttosto conservativi nella ripartizione degli acquisti (con i tedeschi spostati in maniera decisa sullo sfuso), in UK nel corso degli ultimi 10 anni vi è stato un forte rimescolamento delle proporzioni tra i vari prodotti: l'ingresso roboante del Prosecco sul mercato a partire dal 2014/15 ha progressivamente ribaltato i pesi rispetto ai vini fermi, che tra 2010 e 2021 hanno visto scendere la propria quota dall'85% al 50%, mentre le bollicine guadagnavano oltre 30 punti, arrivando al record del 40% nel 2021.

Se dividiamo i vini fermi tra rossi e bianchi, oggi la spumantistica risulta essere il primo prodotto esportato in assoluto verso Londra.

Germania

Dopo gli Usa, che si confermano il mercato più redditizio, quello tedesco è il secondo maggiore sbocco commerciale per l’enologia tricolore.

Le esportazioni, a seconda delle tipologie, viaggiano in Germania in due diverse direzioni, mostrando una dinamica positiva, nei Cagr a cinque anni, per i vini fermi in bottiglia - la categoria prevalente - e per gli sparkling, a fronte di riduzioni sia per i frizzanti sia per gli sfusi.

In generale, guardando i dati più recenti relativi all’intera annata 2021, la Germania ha riservato alle cantine italiane risultati mediamente più deludenti rispetto alla dinamica complessiva dell’export vinicolo tricolore. Le bollicine, con un più 12,6% a valore, sono cresciute a un tasso quasi dimezzato rispetto a quello generale (+23,7%). Per i vini in bottiglia, il 9,1% di aumento sperimentato sul mercato tedesco (che non appare di poco conto) resta comunque al di sotto del più 11,2% complessivo. Ancora più netto il gap degli sfusi, che in generale hanno perso all’estero poco più del 4% in termini di fatturato, rispetto al 2020, lasciando però sul terreno in Germania quasi 11 punti percentuali.

Spumanti e frizzanti in Germania

Il più dinamico in Germania è il comparto degli spumanti, con un giro d’affari che ha sfiorato l’anno scorso i 130 milioni di euro mostrando in media d’anno, nel periodo dal 2017 al 2021, un tasso di variazione positivo del 5,9%. Relativamente stabile invece il comparto frizzanti, che trova storicamente sul mercato tedesco una delle piazze più importanti, con quote rilevanti di Prosecco, sia Doc che Docg, oltre al classico Lambrusco.

Vini fermi Dop in Germania

Sul circuito delle denominazioni d’origine prevalgono, tra i vini rossi, i toscani, mentre nel segmento dei bianchi il primato va ai veneti, ma assumono un peso di rilievo anche le etichette del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia.

Netto il divario dei prezzi per provenienza regionale, con i rossi piemontesi esportati in Germania a un valore medio di 9,30 euro per litro e i veneti venduti sotto i 3,40 euro. Tra i bianchi, i trentini e friulani spuntano i prezzi più alti, con 4,76 euro/litro di media, contro i 2,24 euro dei veneti e i 3,30 delle Dop siciliane.

In generale, la grande distribuzione in Germania svolge un ruolo prioritario nel comparto enologico, al pari di altri settori. I consumatori mostrano una forte attenzione al fattore prezzo, ma anche alle caratteristiche di sostenibilità dei prodotti, oltre a una buona propensione all’innovazione e alla sperimentazione.

Evoluzione sfusi in Germania

Come accennato, il comparto degli sfusi, che in Germania assume un peso di rilievo (Berlino esprime da solo un terzo del fatturato estero del segmento), ha perso terreno in quest’ultimo lustro. Un trend, in atto ormai da tre anni di fila, che ha ridotto il giro d’affari a 122 milioni di euro, contro i quasi 160 milioni archiviati nel 2018. Segnano il passo anche i frizzanti, con un fatturato che da 115 milioni di euro  di quattro anni fa è sceso oggi attorno ai 94 milioni. 

Regno Unito

Oltre Manica sono gli spumanti a esprimere il grosso dei fatturati. Il boom del Prosecco, che ha sostenuto le vendite di tutto il comparto sparkling tricolore, ha generato scompiglio anche sulla piazza di Londra. Tuttavia, il Cagr, calcolato sull’ultimo quinquennio, riserva al mercato britannico un dato negativo, con il giro d’affari che ha sperimentato una flessione media annua del 3,6%, una dinamica in netta controtendenza con quella generale di reparto (più 6% il Cagr tra il 2017 e il 2021).

L’altro segmento di punta, rappresentato dai vini fermi in bottiglia, mostra un andamento delle vendite stagnante, anche questo distante dalla performance generale che restituisce, al contrario, una crescita media annua dell’export del 3,1%. Sfusi e frizzanti, in Regno Unito, non assumono un particolare rilievo, anche se le confezioni sopra i 2 litri mostrano, in controtendenza, una crescita che sembra indicare, recentemente, un interesse degli imbottigliatori locali a fare business con propri brand o con private label, tanto più nel contesto di Brexit, che ha reso più complesse le operazioni in dogana per le etichette made in Eu e alzato il livello di attenzione al prezzo da parte dei consumatori.

L'arrembaggio degli spumanti

Come dicevamo in premessa, l'onda bollicinara italiana ha finito per scalzare dal podio delle esportazioni i vini fermi. I primi a essere raggiunti sono stati i rossi, nel 2014, mentre i bianchi - capitanati dal Pinot grigio - sono stati primattori fino al 2016. Quanto del successo del Prosecco abbia inciso sulla dinamica profondamente negativa dei bianchi non è dato sapere con certezza, di fatto un effetto di travaso di consumatori e consumi verso lo sparkling sicuramente si è palesato sul mercato.

Vini fermi Dop in UK

Toscani e piemontesi, tra i rossi, esprimono, oltre Manica, fatturati più robusti rispetto alle Dop dello stesso colore di provenienza veneta. Dal Piemonte, il Regno Unito acquista etichette con prezzo medio di 12-13 euro per litro, valori che staccano di netto i 5-6 euro dei vini toscani e i 5 euro dei veneti.

Per i bianchi, il mercato Uk esprime un valore unitario mediamente inferiore a quelli di Svizzera e Germania.  I prezzi delle Dop siciliane spuntano 2,83 euro di media, contro 1,63 euro dei veneti e 2,50 dei bianchi provenienti da Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia.

Guardando i volumi, emerge una prevalenza schiacciante dei bianchi del Veneto e dei rossi made in Tuscany. I fatturati, nel 2021, hanno però segnato, per entrambe le provenienze e i colori, una dinamica negativa rispetto al 2020, mentre crescono a doppia cifra le vendite di siciliani, trentini e friulani, tra i bianchi, e di veneti e piemontesi, tra i rossi.

Svizzera

I numeri descrivono un mercato prevalentemente maturo. Uno sbocco, quello svizzero, che vale oltre 400 milioni di euro di fatturato annuale per le cantine italiane, ma che cresce a un ritmo più lento rispetto al “total market”. La perdita di quota conferma questa tendenza su quasi tutta la linea, ad eccezione dei vini fermi in bottiglia, segmento che esprime il grosso del giro d’affari. Per quest’ultimo, il ritmo di crescita media annua, del 3,4% nel periodo 2017-2021, è leggermente più sostenuto (di 3 decimi di punto) rispetto al Cagr di reparto. Lo stesso non si evince per gli spumanti, che in Svizzera crescono a un buon ritmo (+4,8% di media) ma al di sotto della performance generale.

Un mercato ricco, con le etichette di pregio che fanno, ormai da tempo, massa critica. Berna muove appena il 3,5% dei volumi fisici di vini e spumanti che l’Italia vende complessivamente nel mondo, ma garantisce circa il 6% del fatturato da export. E i valori medi unitari, come accennato, toccano livelli “extra large”, posizionandosi ben oltre la soglia dei 5 euro per litro.

Vini fermi Dop in Svizzera

I rossi costituiscono il segmento trainante, grazie all’impulso dei grandi vini che catalizzano le attenzioni dei consumatori elvetici. Ai rossi toscani, nel 2021, le statistiche attribuiscono un export di oltre 45 milioni di euro (solo Dop), contro i 33 milioni dei veneti e i 20 milioni e mezzo dei piemontesi. Tra i bianchi a denominazione d’origine crescono i “tradizionali” e gli “innovativi”. Il Triveneto lascia un marchio indelebile, con un fatturato 2021 (esclusi spumanti ed effervescenti) di oltre 7 milioni di euro, ma crescono anche i siciliani, ormai oltre quota 1,2 milioni.

Basandosi sui risultati di recenti indagini di mercato, si aprono buone opportunità in Svizzera anche per i vini biologici e i funzionali. Le recenti dinamiche valutarie, che hanno portato a un forte apprezzamento del franco svizzero nel rapporto di cambio con l’euro, rappresentano un ulteriore fattore stimolo per le cantine italiane e francesi, che potranno beneficiare di un implicito vantaggio sul piano competitivo soprattutto con il Nuovo Mondo.